Cassazione: l’unione civile stoppa l’espulsione di un immigrato condannato

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immagine di repertorio

Un immigrato che convive in unione civile con un cittadino italiano, o una cittadina italiana, può evitare l’espulsione dal nostro Paese.

Lo ha stabilito la I sezione penale della Cassazione che ha ritenuto “fondato” il reclamo di Abderrazah Z. contro la decisione con la quale il tribunale di sorveglianza di Torino, il tre dicembre del 2014, aveva confermato l’ordinanza di espulsione emessa con decreto dal magistrato di Cuneo a novembre nei confronti del magrebino di 28 anni.

I giudici hanno ritenuto che l’espulsione dei condannati ‘clandestini’ in espiazione della condanna, e a due anni dal suo termine, deve essere revocata nel caso in cui il cittadino extracomunitario conviva con un partner italiano perché questa circostanza è una “condizione ostativa” al foglio di via proprio in forza della legge numero 76 del 2016 sulle coppie di fatto.

E questo “alla luce delle nuove regole” che sono state accolte “dall’opinione pubblica, dagli operatori e dai teorici del diritto come una disciplina epocale con la quale sono state riconosciute nell’ordinamento statuale e disciplinate positivamente le unioni tra persone dello stesso sesso e con esse anche quelle di fatto tra eterosessuali”, non si può negare ad Abderrazah Z. “di acquisire lo status familiare riconosciuto dalla legge” e di evitare così l’espulsione. 

La Cassazione ha infatti stabilito che “la convivenza dello straniero con una cittadina italiana riconosciuta con ‘contratto di convivenza’ (…) è ostativa alla espulsione” come “misura alternativa alla detenzione”. 

A questo punto il caso dovrà esser rimesso al tribunale di sorveglianza di Torino che deve applicare a questo caso il principio di diritto affermato dai supremi giudici.

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