L’Europa è in coma

Italy's Prime Minister Matteo Renzi, Germany's Chancellor Angela Merkel and France's President Francois Hollande pay hommage at the tomb of Altiero Spinelli. Spinelli wrote with Eugenio Colorni and Ernesto Rossi, all three confined in Ventotene Island by Italian Fascist Regime the Manifesto di Ventotene, a work who inspired the political thougt about the European Union on August 22 2016. ANSA/AFP POOL/CARLO HERMANNDI:

L’Europa è in coma, farmacologico, ma sempre coma. Le sei paginette di nulla della Dichiarazione di Bratislava lo dimostrano. Consueta attenzione alla forma, molta enfasi sulle frontiere interne e lotta al terrorismo, Migration Compact e nuovi piani per l’economia totalmente assenti.

Insomma una lista di farmaci che manterranno certamente in vita il paziente ma senza assicurargli una mobilità accettabile ne’ un futuro decoroso. Ecco perché al primo summit senza la Gran Bretagna, dove ci si aspettava la clava di Viktor Orban contro la solidarietà in Europa, e’ andato invece in scena un Matteo Renzi anti-tedesco. E’ il prezzo di vivere in questo bellissimo e scombinato condominio, ma è anche il tragico segnale della nascita degli Stati Disuniti d’Europa.

L’Unione che esce dal vertice di Bratislava di fatto è ormai divisa in tre blocchi: l’Eurozona, l’Ue a 27 senza la Gran Bretagna, e il gruppo di Visegrad con i quattro paesi dell’Est (Ungheria, Polonia, Slovacchia e Repubblica Ceca) che vogliono un bel muro contro i migranti, cosa che temo desiderino anche tanti altri paesi. Ma la spaccatura che si registra più profonda e’ quella nel direttorio Francia-Germania-Italia, che va in pezzi dopo nemmeno un mese dal vertice di Ventotene.

Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ha deciso di strappare quella foto simbolo davanti alla tomba di Altiero Spinelli con gli altri due leader, forse perché solo ora si è accorto che i due intendono lasciarci soli nell’affrontare l’emergenza migranti, perché a Berlino e Parigi di emergenziale hanno sopratutto il clima infuocato con cui dovranno convivere fino alle prossime elezioni nel 2017.

Una brutta doccia fredda, la fine di una breve illusione, a cui Renzi ha reagito con vigore, mettendo finalmente in discussione persino l’austerità del Fiscal compact, assurda gabbia che condanna tutti i paesi a violare nei fatti il patto di Maastricht. Se le sue posizioni resteranno tali, facendo seguire allo strappo una seria riprogrammazione economica europea, poggiata sullo scomputo degli investimenti dal deficit e su riduzioni fiscali, si scoprirà nei prossimi mesi e sarà una bella scoperta, tale da risvegliare lo stato comatoso dell’Ue. Per ora, purtroppo, le cronache consegnano un’Unione ancora più divisa in un clima da tutti contro tutti. C’è da aver paura se la concordia di fine agosto si spappola in modo così evidente: o era falsa oppure la situazione economica e’ talmente precaria da far saltare tutti gli equilibri. Le faglie in cui sta sprofondando l’Europa sono ampie ed evidenti: moneta, politica estera, approccio ai temi dell’immigrazione, ma soprattutto ricette per la crescita economica, non hanno un denominatore comune. Basta andarsi a guardare le ultime previsioni della Commissione Europea per capire perché il premier ungherese Orban sta mietendo consessi nei paesi usciti dal comunismo e perché alla fine Renzi e’ sbottato.

Gli stati dell’Ue allargata continuano ad avere un andamento sostenuto del Pil, ben sopra il magro 1,6% della zona della moneta unica, ma stanno rallentando e non vogliono che alcun elemento di disturbo inceppi la loro rincorsa verso il modello di capitalismo occidentale fatto di basso costo del lavoro, svalutazioni competitive, salari ridotti al lumicino. Tabelle alla mano, quest’anno la Bulgaria dovrebbe registrare un +2% di aumento del Pil (nel 2015 era a +3%), la Repubblica Ceca dal 4,2% scenderà al 2,1%, l’Ungheria dal 2,9% al 2,5%, la Slovacchia frenerà dal 3,6% al 3%, solo la Polonia salirà dal 3,6% al 3,7% e la Romania farà altrettanto (dal 3,8% al 4,2%). Sono cifre che Roma, Berlino e Parigi se le sognano. Sempre Bruxelles ha infatti rivisto al ribasso le stime per il direttorio: la Germania quest’anno si dovrebbe stabilizzare all’1,6%, la Francia all’1,3%. l’Italia intorno o sotto l’1%. Solo la Spagna senza governo (2,5% ) e l’Irlanda (+4,9) dei grandi benefici fiscali cresceranno nel 2016 in modo sostenuto.

Il divario c’è ma Orban e alleati vogliono che si ampli invece che ridursi, proprio per continuare ad attrarre investimenti esteri sbarrando la strada ai migranti che sono più un alibi nazionalista che un vero intralcio. Può reggere un’Unione in queste condizioni quando anche la Gran Bretagna farà della sua uscita un volano per l’attrazione di capitali tassati al 17%? Personaggi del calibro di Mario Draghi ed Emma Bonino hanno paragonato questa fase storica al periodo tra le due guerre mondiali e certo non è un bell’auspicio. Ma ci sono ancora gli strumenti nei Trattati per avviare – o quanto meno prospettare come ha fatto il Lussemburgo – un’espulsione qualora questi paesi che gravitano attorno al gruppo di Visegrad perseverino nel non rispettare i patti e a calpestare in alcuni casi i diritti fondamentali dell’individuo.

E c’è tempo, fin quando non diverrà un vero Trattato, per modificare il Fiscal compact eliminando il vincolo del pareggio di bilancio e mettendo in sonno anche il rapporto deficit-Pil fissato al 3%: a questo deve puntare il premier Renzi. Se non ci sarà un accordo, ognuno si costruirà un’Europa a la carte, cominciando da Budapest per finire con Roma. Se l’Italia da due anni fa manovre in deficit per cercare di ridurre la pressione fiscale, e’ pur vero che la grana migranti l’affronta in beata solitudine senza che nessuno in fondo gliene renda merito fuori dalle frasi di convenienza e dai vincoli sulla flessibilità. Questa frattura tra i tre paesi fondatori rende così ancora più pericolosa la spaccatura che si sta invece consumando a Budapest e Varsavia.

Gran parte della forza economica delle tigri dell’Est Europa nasce dai fondi europei e dal fatto che l’allargamento dell’Unione è avvenuto proprio nel momento in cui il Patto di stabilità inchiodava invece l’Eurozona all’assurdo tetto del 3% di deficit-Pil, in assenza di un pari tasso di crescita. Di la’ si allargavano i cordoni della borsa, di qui si stringevano. Un suicidio che ora non regge più e che vogliono far saltare gli uni come gli altri. Se nemmeno i soldi tengono in piedi gli ideali la fine è vicina. Per questa legislatura europea l’Ue ha messo a disposizione oltre 320 miliardi di euro per il periodo 2014-2020 ed è cresciuta la percentuale di denaro spettante all’Europa centro-orientale rispetto a quella dell’Europa occidentale (180 miliardi contro 140).

Orban vuole comandare coi soldi degli altri. Renzi intende spendere i pochi che ha in cassa. Merkel e Hollande si illudono di poter essere gli unici leader europei. Il risultato non può che essere fatale per tutti.

Fonte: qui

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