Secondo la Corte di giusizia europea, infatti, non è possibile cacciare un cittadino extracomunitario sulla base dei suoi precedenti penali.
“Una misura di espulsione per poter essere adottata deve essere proporzionata e basata sul comportamento personale del cittadino”.
Quindi solo se l’atteggiamento del migrante rappresenta “una minaccia effettiva, attuale e sufficientemente grave per un interesse fondamentale della società dello Stato membro ospitante”.
Insomma, finché non commettono reati nel Paese ospitante non possono essere espulsi o dichiarati clandestini.
La decisione si riferisce a due casi distinti ma simili.
Nel primo caso Alfredo Rendon Marin, cittadino extra-Ue, è padre e affidatario esclusivo di un figlio avente la cittadinanza spagnola e di una figlia avente la cittadinanza polacca.
Entrambi i figli minorenni hanno sempre abitato in Spagna.
Nell’altra causa una donna è madre di un figlio con cittadinanza britannica che risiede con lei nel Regno Unito e del quale ha l’affidamento esclusivo.
In entrambi i casi, a causa dei loro precedenti penali, i due cittadini hanno ricevuto rispettivamente un diniego di permesso di soggiorno e una decisione di espulsione da parte degli Stati in cui risiedono i figli.
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