Pd, un partito terremotato più fragile dell’Italia

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08 Novembre 2016

La sinistra italiana è fatta della stessa materia geofisica di cui è fatta l’Italia.
Zolle che cozzano l’una contro l’altra, sciami sismici che rendono instabile una «casa comune» costruita con più sabbia di belle parole che cemento di buone idee, un’orogenesi continua che ha smesso da tempo di generare montagne (politicamente parlando) per dedicarsi a partorire topolini.
COME I GIAPPONESI.

L’ennesimo urto tra la faglia renziana del ”Sì” e quella bersan-dalemiana del ”No”, con epicentro la Leopolda numero sette, non sorprende il popolo dem che, come quello giapponese, ormai si è abituato a convivere con questo bradisismo (l’unico -ismo sopravvissuto nella sinistra), ma è sempre più confuso: nell’emergenza non ci sono più muri maestri cui appoggiarsi – i pochi sopravvissuti votano ”No” – e ripararsi sotto i tavoli non è una buona idea perché c’è troppa gente pronta a rovesciarli.

Veltroni, non avevi edificato un partito moderno, flessibile, leggero?

Insomma, «terremoto nel Pd» è come dire nebbia in val Padana o acqua alta a Venezia.
Viene da prendersela con l’ingegner Veltroni, che aveva assicurato di aver edificato un partito moderno, flessibile, leggero, avveniristico come un grattacielo di Tokyo e altrettanto in grado di resistere a tutti i sommovimenti.
E invece ci ritroviamo una catapecchia fatta di materiale riciclato ed eterogeneo, che a nemmeno 10 anni dall’inaugurazione viene giù come la scuola elementare di Amatrice.
SFOLLATI, DUE OPZIONI.

Per gli sfollati l’alternativa è farsi ospitare nella seconda casa di Bersani, quella col tacchino sul tetto, oppure sulla barca di D’Alema, che si riconosce dalla scia di agnolotti.
Oppure trasferirsi nella new-town del ”Sì” progettata da Renzi, da costruire non più sul franoso e sussultorio terreno della sinistra, ma in una zona a suo parere geologicamente più sicura e a lui più consona, il centro: casette ordinate, con tutti i comfort, dal wi-fi al bonus bebè, ognuna col suo praticello di erba che cresce quel tanto che basta per persuadere il cavallo a campare.
IL BIG ONE DEL 4 DICEMBRE.

Tutto questo mentre si approssima il Big One, la super scossa di cui una volta tanto si conosce la data esatta, il 4 dicembre 2016 – non a caso festa di Santa Barbara, patrona degli architetti, dei muratori e, ahimè, pure dei becchini.

Vista la pioggia di calcinacci conviene evacuare il partito

Difficile prevedere la magnitudo del sisma referendario.
Ma è curioso che l’eponimo della scala con cui misuriamo l’intensità dei terremoti, Charles Richter, provenisse da una famiglia che emigrò dal Baden-Wurttemberg a causa dei tumulti del 1848, e scelse di trasferirsi nell’ultra-sismica California.
TRA DUE INSTABILITÀ.

Evidentemente i Richter pensavano che, instabilità per instabilità, quella geologica, se studiata e affrontata nel modo giusto, fosse molto meno pericolosa di quella politica.
Loro avevano una mentalità pragmatica, da tedeschi: il professor Richter, oltre alla scala, stilò anche un benemerito codice di costruzione per le aree ad rischio sismico come la California.
Ma davanti al Pd forse getterebbe la spugna anche lui, e prevedendo l’inevitabile pioggia di calcinacci post-referendum, consiglierebbe l’evacuazione.

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