Il crollo dell’occupazione: dal 2007 perso il 5% dei lavoratori

poletti-giuliano-Legacoop_11MILANO – L’Italia perde occupati e fatica a recuperare terreno, nonostante il Jobs Act e gli incentivi varati dal governo per le assunzioni.

Secondo uno studio della Fondazione Di Vittorio-Cgil, rispetto al 2007 i lavoratori italiani sono calati del 5%: fatto 100 l’indice degli occupati prima della crisi, nel 2015 il dato si ferma a quota 95, appena meglio del 2013 quando l’indice si fermava a quota 94,4.

A preoccupare è che non tutti i paesi europei abbiano meno occupati rispetto al 2007. La Germania per esempio raggiunge quota 106,7, la Francia 101,4: la Spagna fa peggio della Penisola e si ferma a 87,1, ma la media dell’Eurozona è a quota 98,6.

Il confronto non migliora se si analizza il Pil: nel 2015 l’Italia è scesa a quota 91,7, peggio della Spagna (96,7) della Germania (salita a 107,1) e della Francia (103,4).

Per non dire dell’Eurozona che è tornata a – seppure lievemente – a crescere (100,8): sul fronte economico, nel periodo 2008-2014, solo Grecia e Croazia hanno avuto in Europa una perdita maggiore dell’Italia.

Il problema – secondo la Fondazione Di Vittorio – è nella carenza di investimenti fissi: “Hanno sofferto una contrazione molto rilevante nel 2008 e, più ancora, nel 2009 (-12,7% rispetto al 2007), per cedere nuovamente nel 2012, nel 2013 e ancora nel 2014, fino a -30,3% rispetto al valore pre-crisi (nel 2015 si osserva solo un modestissimo recupero).

Lo stesso aggregato riferito alla zona Euro ha subito, dopo la caduta del 2009, oscillazioni limitate, con una discesa nel 2013 del 5,8% rispetto al 2011, quasi completamente riassorbita nei due anni successivi”. Insomma per la Cgil il vero divario da colmare nei confronti dell’Europa è quello degli investimenti.

Per il segretario confederale della Cgil, Danilo Barbi, responsabile delle politiche economiche, lo studio dimostra chiaramente come “l’Italia, rispetto alle altre economie avanzate, abbia registrato un rallentamento più intenso della produttività.

Un declino da attribuire non al lavoro, ma al capitale, con la riduzione di investimenti, ricerca e innovazione, e alle determinanti sistemiche che impediscono la migliore combinazione dei fattori produttivi (politiche industriali, infrastrutture, sistema fiscale, mercato del lavoro)”.

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